La crisi aziendale è un evento di stampo esogeno o endogeno di grande portata, tanto da poter pregiudicare la continuità lavorativa di un’organizzazione, sia essa un’azienda o un’istituzione pubblica.
Nella maggior parte dei casi, queste operazioni vengono implementate da veri e propri esperti, gli “Advisor Legali”, soggetti dotati di un ampio background aziendale, in grado di analizzare i cambiamenti ambientali interni ed esterni e di anticipare o simulare quelle che possono essere eventuali scenari di crisi. Queste figure giocano un ruolo chiave all’interno della gestione della crisi aziendale: le loro conoscenza ma soprattutto le loro scelte determineranno il gli esiti finali in senso positivo negativo.
Presupposto necessario per il concordato preventivo è, non a caso, l‘assenza della dichiarazione di fallimento in capo al debitore, al quale, nel contempo, viene riconosciuta la possibilità di accordarsi con i creditori per individuare un piano di adempimento delle obbligazioni dovute.
Il legislatore prevede, inoltre, due tipologie di requisiti fondamentali per il concordato preventivo: un requisito soggettivo, ovvero, la qualifica di imprenditore commerciale (fallibile) del debitore e un requisito oggettivo, ossia, lo stato di crisi o d’insolvenza dell’impresa.
Il procedimento di concordato preventivo viene avviato con la presentazione della “Domanda di ammissione” al concordato preventivo da parte del debitore presso il tribunale di competenza, indicando il piano di risanamento dei debiti proposto ai creditori. Egli sarà chiamato a soddisfare con ogni mezzo ammissibile le obbligazioni assunte.
Il tribunale accerta se vi sono i presupposti di ammissione e può alternativamente: rigettare la domanda, emettendo una sentenza separata di fallimento, oppure, accoglierla nominando gli organi della procedura (Giudice Delegato e Commissario Giudiziario).
In caso positivo, o di ammissione alla domanda, i creditori sono chiamati a votare il piano di risanamento: in caso di rigetto da parte della maggioranza dei creditori, l’imprenditore verrà dichiarato fallito con sentenza apposita (se vi presupposti); in caso di approvazione, invece, il tribunale sarà nuovamente chiamato in causa per controllare la legittimità del concordato preventivo, emettendo, in caso affermativo, un “decreto di omologazione”.
Rispetto al fallimento, il concordato preventivo risulta assai più flessibile sotto il punto di vista liquidatorio. Inoltre l’imprenditore-debitore mantiene la possibilità di tornare all’attività d’impresa.
Particolarmente rilevante in tema di concordato preventivo sono la figura dell’ ADVISOR LEGALE e i documenti di ATTESTAZIONE DEI PIANI DI CONCORDATO.
La spiegazione fornita in questa sede rappresenta una semplice infarinatura generale del tema, il quale, in realtà, è assai più complesso e contorto di quanto non sembri.
L’Advisor è una figura chiave all’interno del mondo delle gestione della crisi aziendale. Egli è colui che ha il delicato compito di guidare l’imprenditore in crisi nella scelta e nell’attuazione dello strumento legale più idoneo a risolvere la crisi aziendale (risanamento; ristrutturazione; concordato preventivo etc).
La figura dell’Advisor si caratterizza per grande esperienza nella gestione di situazioni complesse di crisi aziendali e societarie e soprattutto per la capacità di elaborare accurate analisi della situazione aziendale e finanziaria interna ed esterna all’impresa.
La fine della società è scandita dal legislatore in tre diverse fasi: lo scioglimento, la liquidazione vera e propria e l’estinzione della società.
Durante la fase di liquidazione, l’attività d’impresa entra in una fase di “sospensione”, e lo scopo principale diventa commutare in denaro gli elementi patrimoniali che risultano nell’attivo, pagando le eventuali passività e distribuendo gli eventuali avanzi.
Il Codice Civile disciplina con due articoli differenti le cause di scioglimento, a seconda che siano società di persone o società di capitali.
L’art. 2308 sancisce, in tema di società di persone, le seguenti cause tassative di scioglimento: decorso del termine; conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; volontà unanime dei soci; mancanza della pluralità dei soci qualora nel termine semestrale la stessa pluralità non venga ricostituita.
Le cause di scioglimento per le società di capitali vengono disciplinate dall’ art. 2484: decorso del termine, conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (a meno che l’assemblea non deliberi alcune modifiche statutarie), impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea, riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, impossibilità di rimborsare il socio/i receduto/i, deliberazione dell’assemblea, altre cause previste dall’atto costitutivo o dallo statuto, dichiarazione di fallimento.
Una volta accertata la causa di liquidazione, gli amministratori hanno l’obbligo di dichiarare tale stato presso il registro delle imprese. Da ora in poi avranno come obiettivo ultimo quello di salvaguardare il patrimonio aziendale ai fini liquidatori. Non solo, per adempiere al meglio questo compito, il legislatore prevede, a seconda del tipo societario, la nomina di uno o più liquidatori e la conseguente cessione di tale incarico.
Dopo esser entrati in possesso dei documenti societari, i liquidatori sono chiamati a trarre il massimo dalla liquidazione societaria che, in alcuni casi, potrebbe anche significare la continuazione della stessa. Essi, inoltre, sono obbligati a illustrare: l’andamento della liquidazione; le prospettive ed i tempi necessari per il completamento della stessa; solo in caso di obbligo di relazione della liquidazione da allegare al bilancio, i principi ed i criteri usati per la sua realizzazione, rispondendo personalmente e solidamente degli eventuali danni causati alla società.
Al termine delle operazioni di liquidazione devono essere redatti: il bilancio finale di liquidazione ed il piano di riparto a favore di soci.
Il primo documento rappresenta una sintesi delle attività svolte dai liquidatori: le modalità di vendita dei beni aziendali, i ricavi conseguiti, le modalità di estinzione delle passività etc. Una volta approvato, i liquidatori hanno l’obbligo di richiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, il che ne sancisce l’estinzione.
I temi dello scioglimento, della liquidazione e dell’estinzione qui trattati rappresentano solo un excursus generale e schematico degli argomenti. Sarebbe assai riduttivo tentare di spiegare bene le cause di scioglimento o illustrare la figura del liquidatore in pochi paragrafi.
L’imprenditore in stato di crisi deve depositare presso la cancelleria del tribunale un ricorso contenente la documentazione prevista dall’ art.161 in tema di concordato preventivo.
Nel presentare questo ricorso, l’imprenditore deve aver raggiunto un accordo almeno sul 60 per cento dei debiti dovuti oltre che fornire la relazione redatta da un professionista designato dal debitore e in possesso di specifici requisiti previsti dalla legge.
La pubblicazione produce due importanti effetti:
Una volta depositata la documentazione necessaria, il tribunale fissa un’udienza entro 30 giorni dal deposito stesso. Durante l’udienza il tribunale dovrà verificare la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di almeno il 60% dei crediti, e delle condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
Se sussistono i requisiti, dispone con decreto il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati. Viene inoltre stabilito un termine di 60 giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della redazione redatta dal professionista.
Come riportato in altre sezioni, le spiegazioni fornite in questa sede rappresentano solo un’introduzione generale al tema e non sostituiscono quindi la consulenza di un esperto.